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"Non c'è nulla da dire: c'è solo da essere, c'è solo da vivere." Piero Manzoni,1960

lunedì, ottobre 17, 2005

Liberia, un voto di speranza. Reportage sulla giornata elettorale di martedì scorso, la prima dal dopoguerra

Liberia - 17.10.2005
Liberia, un voto di speranza
Reportage sulla giornata elettorale di martedì scorso, la prima dal dopoguerra



scritto per noi da
Francesco Lembo
Un'immagine dalla campagna elettoraleAll’indomani del voto, si va delineando in Liberia uno scenario che in molti avevano prospettato alla vigilia delle elezioni. Alta la percentuale dei votanti, che si è attestata al 74%. Secondo i dati ufficiali il candidato del Cdc, George Manneh Weah, ha raccolto il maggior numero dei consensi (32.2%), distaccando nettamente la candidata dell’Unity Party, Ellen Johnson Sirleaf (18.6%). Sorprende l’affermazione, in alcune contee, del candidato del Liberty Party Charles Brumskine che, a livello nazionale, si posiziona terzo (10.6%).

Outsider. “E’ un buon leader”, afferma Terry Quoi, sacerdote in River Cess. “A differenza di molti candidati, Brumskine si interessa della povera gente. Lo ha dimostrato con il governo di Taylor, dal quale si è dissociato durante la guerra fuggendo in America. Tra tutti i candidati è il più credibile. Il suo principale impegno politico è quello di garantire a tutti i cittadini liberiani il diritto all’educazione, svincolandola da tasse governative e rendendola obbligatoria per tutti”. Inevitabile, a questo punto, un ballottaggio, previsto per il giorno 8 novembre 2005, tra i primi due candidati che otterranno il maggior numero dei voti.

Un osservatore in visita a un seggioData storica. La comunità internazionale ha espresso la propria soddisfazione per una tornata elettorale che si è svolta in un sostanziale clima di calma e serenità. “L’11 ottobre”, afferma Ray Kennedy, direttore della componente elettorale della missione Unmil, “sarà ricordato come una data storica per la Liberia, dal momento che tutto il mondo ha potuto assistere a libere e trasparenti elezioni. Il popolo liberiano si è alzato in piedi dopo 14 lunghi anni di guerra che lo avevano messo in ginocchio e ha dimostrato il proprio impegno verso un credibile processo di pace da attuarsi mediante un governo democraticamente eletto”.

Pace armata. Nessun incidente di rilievo è stato registrato. Alla vigilia delle elezioni erano in molti a temere il verificarsi di scontri o episodi di violenza tra i sostenitori dei vari gruppi politici. Soprattutto in alcune zone vicino la capitale, dove vivono gli ex combattenti, come a Gotrish Rubber Plantation, il clima pre-elettorale era teso. “La gente ha paura”, ci ha riferito prima delle elezioni un locale che non vuole essere identificato per nome. “Molti tra gli ex combattenti sono a favore della candidatura di Weah e sostengono di essere pronti a riprendere le armi, nell’ipotesi in cui non vincesse le elezioni”.

LUnghe file davanti ai seggiIl gran giorno. 11 ottobre, distretto di Morweh, contea di River Cess. Prima mattinata, arriviamo a Bojeesay Town sulla nostra 4x4. Davanti al seggio, un lungo serpentone di persone, in piedi, attende il proprio turno per votare. Un’interminabile coda che procede lente. Entriamo nel seggio. Una stanza minuscola, di ghiaia, improvvisata come sala elettorale. Due tavoli, qualche sedia, una finestra da cui entra poca luce. L’odore forte, penetrante. All’interno i membri del seggio, gli osservatori, i rappresentanti dei vari partiti politici. Ci muoviamo a stento, quasi manca spazio anche per l’aria. Gli elettori entrano uno alla volta, seguendo un percorso loro imposto: verifica della tessera elettorale, consegna delle schede di voto, cabina, urna, inchiostro indelebile. Monitoriamo il seggio per una decina di minuti. Le persone indugiano nelle cabine. La coda, fuori, non si muove di un millimetro.

Voto poco segreto. “Molti”, ci racconta Topoh Sylvanus, “non sanno come votare. Sanno a chi dare la preferenza, ma non sono in grado di riconoscere il viso del proprio candidato stampato sulla scheda elettorale, né leggerne il nome. In alcuni casi si vergognano a chiedere indicazioni ai membri del seggio, così rimangono nella cabina dieci, talora venti minuti, fin quando si rassegnano ad abbandonarla su invito del presidente del seggio. Questo è il motivo di tante schede bianche. Molto spesso chiedono di avvalersi della procedura del voto assistito. Riferiscono al presidente di seggio la persona cui intendono accordare la propria preferenza e quest’ultimo marca la tessera elettorale, si spera secondo le indicazioni dell’elettore. Soprattutto nei centri rurali come questo, dove più alto è il livello di analfabetismo, la maggior parte della gente ricorre al voto assistito con la conseguenza, ben intuibile, che il voto perde una delle sue caratteristiche fondamentali: la segretezza”.

Sostenitori di George WeahCode di speranza. Pomeriggio di pioggia. Ci spostiamo verso gli altri centri del distretto: Gbarsleh Town, Kangbo Town, Debbah Town. Le stesse scene si ripetono. Interminabili code all’entrata del seggio elettorale, stanze senza luce adibite a seggio e quasi ogni elettore accompagnato dal presidente nella cabina elettorale. Qualche osservatore ce lo fa notare, quasi timidamente, per lo più rassegnato: “quale che sia il risultato finale di questa tornata elettorale, la segretezza del voto è la vera sconfitta”. Fuori la gente in fila si fa nervosa. La pioggia inizia a cadere più forte. L’orario di chiusura dei seggi è previsto per le ore 18. Sono tuttavia ammesse al voto tutte le persone che prima delle sei di sera si trovano in coda. A Kangbo Town, l’ultima persona vota alle ore 22. Lo scrutinio termina alle cinque di mattina. Inizia a intravedersi l’alba. E’ il 12 ottobre. E la Liberia è sulla strada verso la democrazia.

Francesco Lembo lavora per l’Unmil, la missione di pace delle Nazioni Unite in Liberia
 
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