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"Non c'è nulla da dire: c'è solo da essere, c'è solo da vivere." Piero Manzoni,1960

lunedì, ottobre 10, 2005

La Liberia al voto. Weah spera

da www.corriere.it

Preoccupazione per l'instabilità del paese africano
La Liberia al voto. Weah spera
La battaglia per la vittoria dovrebbe essere tra l'ex calciatore del Milan e l’ex funzionario delle Nazioni Unite, Ellen Johnson-Sirleaf

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Dal nostro inviato
George Weah (Afp)
MONROVIA –Dopo oltre dieci anni di guerra, interrotti da rari periodi di pace, i liberiani martedì 11 ottobre, si recheranno alle urne per eleggere presidente, vice presidente, deputati e senatori. I candidati alla presidenza sono 22. Erano 24 ma due, in un primo tempo esclusi dalla competizione elettorale, sono stati riammessi dopo che le schede erano state già stampate. C’è voluta l’autorevolezza del presidente della Nigeria, Olusegun Obasanjo, a convincerli a «lasciare» per evitare che il processo elettorale si inceppasse.

Tra i candidati più accreditati c’è l’ex calciatore del Milan e di fama internazionale George Manneh Opong Weah (Opong è il nomignolo con cui lo chiamano qui e che in lingua kru, quella di Weah, appunto, vuol dire “campione”) e l’ex funzionario delle Nazioni Unite, Ellen Johnson-Sirleaf. Dovrebbero essere loro – secondo tutte le previsioni - ad arrivare al ballottaggio previsto per novembre. Gli altri candidati sono arnesi dei vecchi regimi che si sono succeduti negli anni o capi guerriglieri costretti a sedersi al tavolo delle trattative due anni fa, alla fine della guerra. Gente che ha saccheggiato la Liberia o che vuole cominciare a rapinarla: come William Vacanart Shadrach Tubman e Winston Tubman, figlio e un nipote del vecchio presidente William Tubman che ha «regnato» incontrastato sulla Liberia per 27 anni dal 1944 al 1971; come Alhaji Kromah e Sekou Damate Conneh, capi guerriglieri che chiedono il voto in nome della loro lotta «per la libertà» («di depredare le ricchezze del Paese», aggiungono gli osservatori a Monrovia), o come Charles Walzer Brumskin, accusato di aver sottratto soldi a una banca per finanziare la sua campagna elettorale e avvocato di Gus Kouwenhoven, un trafficante d’armi olandese ora arrestato dal Tribunale Internazionale che giudica i crimini commessi in Sierra Leone.

Tra i candidati per un seggio senatoriale nella Liberia meridionale, a Sinoe, anche Myther Gibson accusata di aver sottratto 2,5 milioni di dollari, raccolti durante uno dei concerti benefici di Pavarotti friends. Avrebbero dovuto servire per costruire un villaggio per i bambini orfani. Naturalmente non mancano gli «amici» del vecchio presidente Charles Gankay Taylor, che dall’esilio in Nigeria, si dice che ancora manovri (o tenti di manovrare) la vita politica della Liberia. Taylor viene considerato uno degli organizzatori della guerra civile che sconvolse la Sierra Leone alla fine degli anni ’90. Un conflitto violento e sanguinoso dagli aspetti raccapriccianti, durante il quale, per terrorizzare la popolazione civile i ribelli del Ruf (Revolutionary United Front), sostenuti, finanziati e armati appunto da Taylor, tagliavano mani, gambe e perfino nasi e orecchie alla popolazione civile.

Naturalmente tutti i candidati (anche quelli che più di altri hanno partecipato alla spoliazione del Paese) in campagna elettorale hanno fatto le stesse promesse: risistemare i servizi pubblici, (Monrovia e Mogadiscio sono le sole due capitali al mondo senza rete elettrica e acquedotto), riattivare le scuole e lottare contro la corruzione. Ma proprio perché molti di quelli che corrono per un seggio intendono solo impadronirsi del potere per arricchirsi ancora di più, sulle elezioni pesa un’incognita: cosa faranno i perdenti? Qualcuno pensa che tra un paio d’anni la Liberia sprofonderà di nuovo nell’inferno della guerra e se ciò ancora non è avvenuto è grazie alla presenza di 15 mila soldati delle Nazioni Unite. Il Consiglio di Sicurezza però non intende mantenere i caschi blu per sempre.

Massimo A. Alberizzi

malberizzi@corriere.it
10 ottobre 2005
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