Al signor Ministro della Salute onorevole Francesco STORACE
Al signor Ministro della Salute onorevole Francesco STORACE
Illustrissimo Ministro,
ci rivolgiamo a Lei in occasione della giornata Mondiale di Lotta all’AIDS per sottoporre alla Sua attenzione ciò che quotidianamente rilevano gli operatori delle nostre sedi sul territorio nazionale e per chiedere un Suo intervento che ricollochi la questione AIDS tra le priorità del Ministero da Lei diretto.
Come avrà avuto modo di vedere anche a seguito della pubblicazione degli ultimi dati epidemiologici nazionali, in Italia il problema della diffusione del virus HIV e tutt’altro che sotto controllo. Il tam-tam mediatico sul superamento dell’emergenza AIDS partito alla fine degli anni Novanta, basato sull’innegabile diminuzione dei decessi, ha a nostro avviso prodotto un progressivo disinvestimento istituzionale a tutti i livelli e un contemporaneo abbassamento della guardia rispetto alle problematiche della prevenzione nella popolazione generale.
Per queste ragioni, e in accordo con il tema UNAIDS del 1° Dicembre 2005 “Mantieni le promesse - Non voltare le spalle all’AIDS” ci permettiamo di esporLe qui di seguito alcune nostre osservazioni e di richiedere un Suo intervento urgente e deciso.
In primo luogo ci spiace segnalare che, a nostro avviso, proprio il Suo Ministero negli ultimi anni abbia metaforicamente “voltato le spalle all’AIDS”, certo non per Sua responsabilità; di fatto, comunque, è innegabile che il tema AIDS sia progressivamente stato estromesso dall’agenda istituzionale.
Alcuni esempi: in Italia, dalla comparsa dell’infezione da HIV, sono state realizzate solo 7 campagne di prevenzione e inoltre, negli ultimi anni, sono sparite del tutto quelle mirate a specifici gruppi di popolazione (persone tossicodipendenti, prostitute, persone omosessuali, adolescenti e giovani). Si è parallelamente assistito al depotenziamento di strutture e Uffici Ministeriali ad hoc e alla riduzione delle risorse economiche stanziate per contrastare la diffusione dell’infezione; altro elemento che appare grave è la mancata ricostituzione della Consulta del Volontariato per i problemi dell’AIDS per l’anno in corso.
Questi, signor Ministro, sono solo tre esempi del disinteresse che è andato via via crescendo a livello istituzionale; chi ne paga le conseguenze sono in primo luogo le persone con HIV e AIDS ma indubbiamente anche, più in generale, la popolazione tutta.
Infatti, come è noto, da qualche anno nel nostro Paese si assiste alla ripresa della diffusione delle infezioni, in particolar modo per via sessuale, sia nella popolazione omosessuale sia in quella eterosessuale; le donne sono tra le più colpite. L’Istituto Superiore di Sanità stima in circa 130.000 le persone affette da questa infezione in Italia, mentre la Commissione Europea indica stime più elevate; il nostro Paese risulta certamente ai primi posti tra i 25 Paesi dell’Unione Europea per numero di infezioni, con alcune situazioni esplosive come quella lombarda che da sola conta un numero di diagnosi di AIDS pari a quello di alcuni Stati europei.
Rispetto all’aumento dei casi diagnosticati e riferibili alle infezioni contratte per via sessuale, ci allarma la mancanza di campagne di comunicazione adeguate e concepite con un linguaggio scientificamente corretto ed esplicito, che spieghino finalmente con chiarezza quali sono i comportamenti a rischio e come ci si può proteggere. Da anni gli italiani sono invitati molto genericamente a fare attenzione, ma i dati dei nostri centralini informativi dimostrano che tantissime persone non sanno ancora oggi come si trasmette il virus HIV e si infettano per ignoranza. Le interferenze di carattere confessionale non possono – ancora oggi, nel 2005! - impedire di indicare quali sono i rischi derivanti dai comportamenti sessuali mentre, contemporaneamente, la maggior parte dei messaggi pubblicitari ci bombarda con allusioni e ammiccamenti al sesso per promuovere gelati, automobili o bevande alcoliche. Siamo ormai al paradosso per cui è lecito puntare tutto sul sesso per vendere un prodotto o fare audience, ma è severamente vietato parlare in modo esplicito di sessualità e profilattico se si fanno campagne di prevenzione all’HIV. È inconcepibile che, in un contesto di questo tipo, le informazioni corrette a tutela della salute pubblica siano praticamente le uniche a subire una censura così pesante.
Anche le persone con HIV e AIDS pagano tuttora un prezzo inaccettabile per l’attuale disattenzione, che trascura anche gli interventi atti a combattere la persistente discriminazione. I volontari e gli operatori delle 16 sedi LILA attive sul territorio raccolgono ancora oggi molte testimonianze di paura e stigma, difficoltà incontrate e iniquità subite che dovrebbero essere superate da tempo. Gli episodi di discriminazione rimangono costanti sia in ambito lavorativo, sia in quello sanitario. Riceviamo segnalazioni su aziende che sottopongono le persone candidate all’assunzione al test per l’HIV, su lavoratori e lavoratrici HIV positivi perseguitati da episodi di mobbing perché ritenuti “potenzialmente” meno produttivi. Per quanto riguarda l’ambito socio-sanitario, siamo contattati da persone anziane sieropositive che si vedono negata l’opportunità di accedere alle facilitazioni per le vacanze estive o, fatto ancor più grave, il ricovero in strutture per la terza età; non sono risolte l’annosa questione dell’accesso alle cure odontoiatriche, degli esami fissati in coincidenza con l’ultimo appuntamento della giornata, della frequente violazione della privacy nelle strutture pubbliche, della scarsissima formazione degli operatori sanitari, che si trovano del tutto impreparati alla relazione con i pazienti e le pazienti HIV positivi. Il compito di combattere questi e tantissimi altri episodi di discriminazione in ambito socio-sanitario non può essere esclusivamente delegato alle associazioni di volontariato.
Risultano inaccettabili le abissali differenze che esistono tra le varie regioni italiane rispetto all’accesso alle cure. Lei saprà, Signor Ministro, che essere persone sieropositive in un dato territorio può talvolta comportare indubbi e obiettivi svantaggi e grossi problemi. Sicuramente chi vive nelle città in cui sono presenti grandi centri di ricerca sull'HIV – i cosiddetti “centri di eccellenza” - può dirsi fortunato; in Italia però questi centri non sono molti. Questi ospedali hanno a disposizione tutti i farmaci fino a oggi registrati – più di una ventina – oltre a una serie di altri ancora in fase sperimentale. Nei reparti di malattie infettive di un normale ospedale invece, non sono disponibili le stesse opportunità: i costi per l’approvvigionamento di tutti i farmaci in commercio in tanti casi non sono sostenibili e quindi le persone sieropositive hanno a disposizione opzioni terapeutiche qualitativamente inferiori. Ciò riguarda anche esami diagnostici e visite: controlli dermatologici ed oculistici, i test per la ricerca delle resistenze ai farmaci, la consulenza di medici specialisti nella cura dei problemi derivanti dall'assunzione delle terapie di combinazione.
Un problema particolarmente grave riguarda inoltre l'acceso a farmaci e cure in molti penitenziari italiani, nei quali le terapie vengono interrotte o modificate senza che ne sia neppure data comunicazione alla persona interessata, esclusivamente in funzione della disponibilità del farmaco nella farmacia del penitenziario. Sulla situazione sanitaria nelle carceri italiane pesa come un macigno la mancata applicazione del Decreto Legislativo del 22 giugno 1999, che stabiliva il trasferimento delle funzioni sanitarie oggi svolte dall’amministrazione penitenziaria al servizio sanitario nazionale.
Ci sembra inaccettabile la situazione di moltissime persone con una diagnosi di AIDS conclamata, un’invalidità civile riconosciuta del 100% e gravi danni fisici permanenti, che sono costrette a sopravvivere con una pensione di invalidità di circa 230 € mensili.
Per queste ragioni, Signor Ministro, richiediamo un Suo intervento immediato, affinché le istituzioni mantengano le promesse e non voltino le spalle ai problemi che l’AIDS pone:
Le chiediamo in primo luogo di spendersi, in concerto con i Suoi Colleghi di Governo, per il reperimento di fondi adeguati, che possano consentire la ripresa di tutte quelle azioni di contrasto alla diffusione del virus HIV che sono state sospese per mancanza di risorse economiche;
La invitiamo a rinnovare il sostegno agli Uffici del Suo Ministero e dell’Istituto Superiore di Sanità, che per anni si sono occupati di AIDS e che da tempo sono stati depontenziati, così come Le chiediamo di promuovere urgentemente un nuovo Programma Nazionale di ricerca sull’AIDS, in cui venga tenuta nella giusta considerazione anche la ricerca sugli aspetti psicosociali cui andrebbe destinata una quota ben diversa da quella definita nel precedente bando del 2003 (solo 607.000,00 € sul totale di 14.180.000,00 €), nonostante tali aspetti siano definiti rilevanti dalla comunità scientifica nazionale e internazionale;
La esortiamo a promuovere studi e ricerche atti a valutare l’efficacia delle terapie antiretrovirali anche in funzione dei costi economici dei farmaci. Riteniamo assolutamente necessaria una presa di posizione su questo tema nei confronti delle aziende farmaceutiche, che impongono costi elevatissimi ai farmaci antiretrovirali, con il rischio che il sistema sanitario non riesca più, nel futuro, a sostenerli. Alcune aziende ospedaliere hanno già disposto interruzioni delle terapie a causa di problemi di budget, e questo nodo va affrontato prima che a pagarne il prezzo siano di nuovo le persone HIV positive;
Le chiediamo di promuovere in tempi brevi una nuova, seria campagna di prevenzione rivolta alla popolazione in generale con messaggi chiari ed espliciti e un chiaro riferimento all’utilizzo del profilattico, parallelamente alla promozione di campagne di prevenzione mirate a specifici gruppi di popolazione quali adolescenti e giovani, persone omosessuali, persone tossicodipendenti, prostitute, stranieri. A tale proposito, teniamo a sottolinearLe che gli interventi di riduzione del danno rivolti ai consumatori di sostanze stupefacenti non vanno intesi quali campagne di promozione al consumo di droghe, ma come efficaci e scientificamente validati interventi di prevenzione terziaria atti a limitare la diffusione del virus HIV e di altri virus trasmissibili per via ematica.
In ultimo Signor Ministro, quale gesto concreto e tangibile di un impegno Suo e del Governo italiano in materia di AIDS, Le chiediamo di provvedere alla immediata ricostituzione, entro il mese di dicembre, della Consulta del Volontariato per i problemi dell’AIDS, incentivandone la collaborazione con la Commissione Nazionale AIDS. Dal nostro punto di vista, una maggiore valorizzazione del lavoro della Consulta si rende oggi ancor più necessaria vista l’importanza che gli aspetti sociali e socio assistenziali rivestono per le persone con HIV/AIDS. Nello specifico, Signor Ministro chiediamo:
* che le nomine di Commissione e Consulta avvengano contemporaneamente e per un periodo di due anni, in modo tale da consentire ai componenti una maggiore efficacia programmatoria;
* che il numero di componenti della Consulta chiamati a partecipare alle riunioni della Commissione Nazionale AIDS sia portato a 4, in modo da migliorare la comunicazione e la collaborazione tra i due organismi.
Ci auguriamo che Lei accolga positivamente il nostro appello e ne condivida i contenuti traducendoli al più presto in azioni mirate e concrete, così che possa essere mantenuto l’impegno istituzionale al contrasto dell’infezione da HIV e nessuno “volti le spalle all’AIDS”.
Torino, 25 novembre 2005
Filippo MANASSERO
Presidente LILA Nazionale
LILA - Lega Italiana per la Lotta contro l'Aids - ONLUS
www.lila.it
Illustrissimo Ministro,
ci rivolgiamo a Lei in occasione della giornata Mondiale di Lotta all’AIDS per sottoporre alla Sua attenzione ciò che quotidianamente rilevano gli operatori delle nostre sedi sul territorio nazionale e per chiedere un Suo intervento che ricollochi la questione AIDS tra le priorità del Ministero da Lei diretto.
Come avrà avuto modo di vedere anche a seguito della pubblicazione degli ultimi dati epidemiologici nazionali, in Italia il problema della diffusione del virus HIV e tutt’altro che sotto controllo. Il tam-tam mediatico sul superamento dell’emergenza AIDS partito alla fine degli anni Novanta, basato sull’innegabile diminuzione dei decessi, ha a nostro avviso prodotto un progressivo disinvestimento istituzionale a tutti i livelli e un contemporaneo abbassamento della guardia rispetto alle problematiche della prevenzione nella popolazione generale.
Per queste ragioni, e in accordo con il tema UNAIDS del 1° Dicembre 2005 “Mantieni le promesse - Non voltare le spalle all’AIDS” ci permettiamo di esporLe qui di seguito alcune nostre osservazioni e di richiedere un Suo intervento urgente e deciso.
In primo luogo ci spiace segnalare che, a nostro avviso, proprio il Suo Ministero negli ultimi anni abbia metaforicamente “voltato le spalle all’AIDS”, certo non per Sua responsabilità; di fatto, comunque, è innegabile che il tema AIDS sia progressivamente stato estromesso dall’agenda istituzionale.
Alcuni esempi: in Italia, dalla comparsa dell’infezione da HIV, sono state realizzate solo 7 campagne di prevenzione e inoltre, negli ultimi anni, sono sparite del tutto quelle mirate a specifici gruppi di popolazione (persone tossicodipendenti, prostitute, persone omosessuali, adolescenti e giovani). Si è parallelamente assistito al depotenziamento di strutture e Uffici Ministeriali ad hoc e alla riduzione delle risorse economiche stanziate per contrastare la diffusione dell’infezione; altro elemento che appare grave è la mancata ricostituzione della Consulta del Volontariato per i problemi dell’AIDS per l’anno in corso.
Questi, signor Ministro, sono solo tre esempi del disinteresse che è andato via via crescendo a livello istituzionale; chi ne paga le conseguenze sono in primo luogo le persone con HIV e AIDS ma indubbiamente anche, più in generale, la popolazione tutta.
Infatti, come è noto, da qualche anno nel nostro Paese si assiste alla ripresa della diffusione delle infezioni, in particolar modo per via sessuale, sia nella popolazione omosessuale sia in quella eterosessuale; le donne sono tra le più colpite. L’Istituto Superiore di Sanità stima in circa 130.000 le persone affette da questa infezione in Italia, mentre la Commissione Europea indica stime più elevate; il nostro Paese risulta certamente ai primi posti tra i 25 Paesi dell’Unione Europea per numero di infezioni, con alcune situazioni esplosive come quella lombarda che da sola conta un numero di diagnosi di AIDS pari a quello di alcuni Stati europei.
Rispetto all’aumento dei casi diagnosticati e riferibili alle infezioni contratte per via sessuale, ci allarma la mancanza di campagne di comunicazione adeguate e concepite con un linguaggio scientificamente corretto ed esplicito, che spieghino finalmente con chiarezza quali sono i comportamenti a rischio e come ci si può proteggere. Da anni gli italiani sono invitati molto genericamente a fare attenzione, ma i dati dei nostri centralini informativi dimostrano che tantissime persone non sanno ancora oggi come si trasmette il virus HIV e si infettano per ignoranza. Le interferenze di carattere confessionale non possono – ancora oggi, nel 2005! - impedire di indicare quali sono i rischi derivanti dai comportamenti sessuali mentre, contemporaneamente, la maggior parte dei messaggi pubblicitari ci bombarda con allusioni e ammiccamenti al sesso per promuovere gelati, automobili o bevande alcoliche. Siamo ormai al paradosso per cui è lecito puntare tutto sul sesso per vendere un prodotto o fare audience, ma è severamente vietato parlare in modo esplicito di sessualità e profilattico se si fanno campagne di prevenzione all’HIV. È inconcepibile che, in un contesto di questo tipo, le informazioni corrette a tutela della salute pubblica siano praticamente le uniche a subire una censura così pesante.
Anche le persone con HIV e AIDS pagano tuttora un prezzo inaccettabile per l’attuale disattenzione, che trascura anche gli interventi atti a combattere la persistente discriminazione. I volontari e gli operatori delle 16 sedi LILA attive sul territorio raccolgono ancora oggi molte testimonianze di paura e stigma, difficoltà incontrate e iniquità subite che dovrebbero essere superate da tempo. Gli episodi di discriminazione rimangono costanti sia in ambito lavorativo, sia in quello sanitario. Riceviamo segnalazioni su aziende che sottopongono le persone candidate all’assunzione al test per l’HIV, su lavoratori e lavoratrici HIV positivi perseguitati da episodi di mobbing perché ritenuti “potenzialmente” meno produttivi. Per quanto riguarda l’ambito socio-sanitario, siamo contattati da persone anziane sieropositive che si vedono negata l’opportunità di accedere alle facilitazioni per le vacanze estive o, fatto ancor più grave, il ricovero in strutture per la terza età; non sono risolte l’annosa questione dell’accesso alle cure odontoiatriche, degli esami fissati in coincidenza con l’ultimo appuntamento della giornata, della frequente violazione della privacy nelle strutture pubbliche, della scarsissima formazione degli operatori sanitari, che si trovano del tutto impreparati alla relazione con i pazienti e le pazienti HIV positivi. Il compito di combattere questi e tantissimi altri episodi di discriminazione in ambito socio-sanitario non può essere esclusivamente delegato alle associazioni di volontariato.
Risultano inaccettabili le abissali differenze che esistono tra le varie regioni italiane rispetto all’accesso alle cure. Lei saprà, Signor Ministro, che essere persone sieropositive in un dato territorio può talvolta comportare indubbi e obiettivi svantaggi e grossi problemi. Sicuramente chi vive nelle città in cui sono presenti grandi centri di ricerca sull'HIV – i cosiddetti “centri di eccellenza” - può dirsi fortunato; in Italia però questi centri non sono molti. Questi ospedali hanno a disposizione tutti i farmaci fino a oggi registrati – più di una ventina – oltre a una serie di altri ancora in fase sperimentale. Nei reparti di malattie infettive di un normale ospedale invece, non sono disponibili le stesse opportunità: i costi per l’approvvigionamento di tutti i farmaci in commercio in tanti casi non sono sostenibili e quindi le persone sieropositive hanno a disposizione opzioni terapeutiche qualitativamente inferiori. Ciò riguarda anche esami diagnostici e visite: controlli dermatologici ed oculistici, i test per la ricerca delle resistenze ai farmaci, la consulenza di medici specialisti nella cura dei problemi derivanti dall'assunzione delle terapie di combinazione.
Un problema particolarmente grave riguarda inoltre l'acceso a farmaci e cure in molti penitenziari italiani, nei quali le terapie vengono interrotte o modificate senza che ne sia neppure data comunicazione alla persona interessata, esclusivamente in funzione della disponibilità del farmaco nella farmacia del penitenziario. Sulla situazione sanitaria nelle carceri italiane pesa come un macigno la mancata applicazione del Decreto Legislativo del 22 giugno 1999, che stabiliva il trasferimento delle funzioni sanitarie oggi svolte dall’amministrazione penitenziaria al servizio sanitario nazionale.
Ci sembra inaccettabile la situazione di moltissime persone con una diagnosi di AIDS conclamata, un’invalidità civile riconosciuta del 100% e gravi danni fisici permanenti, che sono costrette a sopravvivere con una pensione di invalidità di circa 230 € mensili.
Per queste ragioni, Signor Ministro, richiediamo un Suo intervento immediato, affinché le istituzioni mantengano le promesse e non voltino le spalle ai problemi che l’AIDS pone:
Le chiediamo in primo luogo di spendersi, in concerto con i Suoi Colleghi di Governo, per il reperimento di fondi adeguati, che possano consentire la ripresa di tutte quelle azioni di contrasto alla diffusione del virus HIV che sono state sospese per mancanza di risorse economiche;
La invitiamo a rinnovare il sostegno agli Uffici del Suo Ministero e dell’Istituto Superiore di Sanità, che per anni si sono occupati di AIDS e che da tempo sono stati depontenziati, così come Le chiediamo di promuovere urgentemente un nuovo Programma Nazionale di ricerca sull’AIDS, in cui venga tenuta nella giusta considerazione anche la ricerca sugli aspetti psicosociali cui andrebbe destinata una quota ben diversa da quella definita nel precedente bando del 2003 (solo 607.000,00 € sul totale di 14.180.000,00 €), nonostante tali aspetti siano definiti rilevanti dalla comunità scientifica nazionale e internazionale;
La esortiamo a promuovere studi e ricerche atti a valutare l’efficacia delle terapie antiretrovirali anche in funzione dei costi economici dei farmaci. Riteniamo assolutamente necessaria una presa di posizione su questo tema nei confronti delle aziende farmaceutiche, che impongono costi elevatissimi ai farmaci antiretrovirali, con il rischio che il sistema sanitario non riesca più, nel futuro, a sostenerli. Alcune aziende ospedaliere hanno già disposto interruzioni delle terapie a causa di problemi di budget, e questo nodo va affrontato prima che a pagarne il prezzo siano di nuovo le persone HIV positive;
Le chiediamo di promuovere in tempi brevi una nuova, seria campagna di prevenzione rivolta alla popolazione in generale con messaggi chiari ed espliciti e un chiaro riferimento all’utilizzo del profilattico, parallelamente alla promozione di campagne di prevenzione mirate a specifici gruppi di popolazione quali adolescenti e giovani, persone omosessuali, persone tossicodipendenti, prostitute, stranieri. A tale proposito, teniamo a sottolinearLe che gli interventi di riduzione del danno rivolti ai consumatori di sostanze stupefacenti non vanno intesi quali campagne di promozione al consumo di droghe, ma come efficaci e scientificamente validati interventi di prevenzione terziaria atti a limitare la diffusione del virus HIV e di altri virus trasmissibili per via ematica.
In ultimo Signor Ministro, quale gesto concreto e tangibile di un impegno Suo e del Governo italiano in materia di AIDS, Le chiediamo di provvedere alla immediata ricostituzione, entro il mese di dicembre, della Consulta del Volontariato per i problemi dell’AIDS, incentivandone la collaborazione con la Commissione Nazionale AIDS. Dal nostro punto di vista, una maggiore valorizzazione del lavoro della Consulta si rende oggi ancor più necessaria vista l’importanza che gli aspetti sociali e socio assistenziali rivestono per le persone con HIV/AIDS. Nello specifico, Signor Ministro chiediamo:
* che le nomine di Commissione e Consulta avvengano contemporaneamente e per un periodo di due anni, in modo tale da consentire ai componenti una maggiore efficacia programmatoria;
* che il numero di componenti della Consulta chiamati a partecipare alle riunioni della Commissione Nazionale AIDS sia portato a 4, in modo da migliorare la comunicazione e la collaborazione tra i due organismi.
Ci auguriamo che Lei accolga positivamente il nostro appello e ne condivida i contenuti traducendoli al più presto in azioni mirate e concrete, così che possa essere mantenuto l’impegno istituzionale al contrasto dell’infezione da HIV e nessuno “volti le spalle all’AIDS”.
Torino, 25 novembre 2005
Filippo MANASSERO
Presidente LILA Nazionale
LILA - Lega Italiana per la Lotta contro l'Aids - ONLUS
www.lila.it
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