Testimonianza di Germano Santoni
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Fonte: http://www.ridolfo.it/urbani/Urbani_T3.html#Germano
---inizio testimonianza---
Testimonianza di Germano Santoni
Volentieri scrivo questa testimonianza su Carlo Urbani, il quale ha dato la sua vita per salvare molte vite umane, non solo dal morbo della SARS, ma anche
da tante altre malattie ugualmente mortali. Io sono uno dei tantissimi che ha salvato dalla morte. Mi presento sono un ragazzo di 30 anni, il mio nome
è Germano Santoni, ho avuto il piacere di incontrare Carlo nel lontano 1994 a Macerata, nel reparto malattie infettive, dove il 4 ottobre dello stesso
anno, mi diagnosticarono una tremenda malattia: l’AIDS.
Il primo incontro con Carlo per me fu traumatico, perché mi si avvicinò e mi disse: "Caro Germano, oggi dobbiamo parlare insieme della tua vita, so che
sei un ragazzo di 19 anni, ma voglio conoscere altre cose di te. Sei cattolico? Hai fede in Gesù Cristo? Vuoi iniziare un nuovo cammino nella tua vita
insieme a me? Mi ritieni un tuo amico? Ora devi aiutarmi anche tu, vedrai, il Signore ci aiuterà a superare questa fase, sei d’accordo con me?" Io annuii
a tutte le sue richieste, ma dubitavo un po’ di lui, non capivo dove volesse arrivare.
Poi aggiunse, "Ora seguimi, andiamo a fare due passi insieme, ma non preoccuparti, io sono tuo amico e voglio essere sicuro che possiamo fidarci vicendevolmente,
entriamo nel mio ufficio… io lo chiamo così! Inizio con il dirti che potrà non piacerti, quello che so è che ho un dovere verso di te come medico. Ormai
credo che ci possiamo dire tutto, non è vero? Allora come tu ben sai nella nostra vita spesso e volentieri avvengono cambiamenti repentini a cui dobbiamo
saper porre rimedio immediato. Così dovremmo fare noi due insieme.
Sarò franco con te perché lo meriti assolutamente, però mi devi promettere che lotteremo insieme in questo cammino irto di difficoltà. E’ arrivata l’ora
di spiegarti la situazione, qui ho le tue risposte del test HIV e purtroppo è…positivo!"
Lui cercò di rassicurarmi, ma io iniziai ad imprecare, perché non si può avere l’AIDS a 19 anni! Scoppiai a piangere, Carlo mi si avvicinò e disse: "Sfogati
pure figlio mio!" Mi abbracciò e mi strinse forte a lui facendomi coraggio. Mi accompagnò da una sua collega psicologa ed insieme mi riportarono alla ragione
e mi tranquillizzarono.
Lui mi disse che dovevo star sereno perché non mi avrebbe mai abbandonato al mio destino. A quel punto sentii che dovevo fidarmi totalmente di Carlo. Egli
mi accompagnò al reparto e mi fece assegnare una stanza. Mi spiegò tutti i compiti all’interno della mia stanza e quali fossero i comportamenti da ottemperare
per agevolare il compito di tutti i sanitari. Mi lasciò solamente dopo essersi accertato che io avessi capito ogni cosa.
Durante il ricovero Carlo mi fece fare tutti gli accertamenti per determinare la causa del contagio, a me sconosciuta. Nonostante l’impegno profuso, Carlo
non riuscì a scoprire la possibile causa. Da quel giorno iniziò un rapporto favoloso con lui, il quale mi diceva che presto o tardi, insieme, avremmo superato
tutte le difficoltà iniziali. E così fu fino alla mia dimissione dal reparto malattie infettive.
Carlo Urbani: "Ricorda che tutto si può superare insieme. Io sono con te".
Prima che fossi dimesso, Carlo mi disse: "Vai, la vita fuori ti aspetta e ricorda che tutto si può superare insieme. Io sono con te". Ci stringemmo la mano,
lui mi diede un colpetto sulla spalla e io me ne andai.
Rincontrai Carlo nei controlli successivi ed ogni volta mi incoraggiava a lottare, a tener duro. Fu lui a darmi la notizia, nel 1996, dell’efficacia dei
nuovi farmaci antivirali. In quell’ occasione Carlo mi annunciò la sua intenzione di partire per aiutare altre persone nel mondo. Nel 1997 lasciò l’ospedale
di Macerata per aderire all’associazione "Medici senza frontiere". Da quel giorno non lo incontrai più. Nel 2001, quando mi ammalai gravemente e divenni
cieco, lo feci rintracciare telefonicamente, per sapere se fosse a conoscenza di qualche terapia idonea a risolvere il mio problema. Lui mi consigliò di
assumere un farmaco di ultima generazione, chiamato "Kaletra".
Oltre al farmaco, per superare quel tremendo momento, mi affidai anche alla preghiera. Di lì a pochi giorni, superai la crisi acuta della malattia e scampai
alla morte certa. In quei tragici momenti, mi ritornavano spesso alla memoria le sue parole che erano un continuo invito a lottare senza paura. Carlo aveva
infuso in me il coraggio di vivere e di affrontare la malattia. Lui era sempre al fianco di noi ammalati ad incitarci a vivere con grande volontà per superare
i momenti bui che inevitabilmente la malattia ci presentava. Carlo affermava che l’aspetto psicologico è fondamentale e che bisogna sconfiggere l’indifferenza
e la paura della gente verso l’AIDS.
La speranza e la fiducia che mi ha trasmesso Carlo, mi guidano nella vita
e mi aiutano a superare gli ostacoli che mi si presentano ogni giorno, mi danno la forza di andare avanti e di lottare per i miei diritti e per quelli
degli ammalati come me.
Quando Carlo morì io ero già sulla sedia a rotelle e non vedente. Sento vivo Carlo dentro di me e mai morrà nel mio ricordo. Io gli devo la vita e prego
per lui ogni giorno e lo immagino già in Paradiso nella schiera dei beati.
Rendo pubblica questa mia testimonianza per infondere il coraggio che Carlo mi ha trasmesso a tutti coloro che si trovano nella mia stessa condizione.
---fine testimonianza---
Davvero toccante!!!!
Fonte: http://www.ridolfo.it/urbani/Urbani_T3.html#Germano
---inizio testimonianza---
Testimonianza di Germano Santoni
Volentieri scrivo questa testimonianza su Carlo Urbani, il quale ha dato la sua vita per salvare molte vite umane, non solo dal morbo della SARS, ma anche
da tante altre malattie ugualmente mortali. Io sono uno dei tantissimi che ha salvato dalla morte. Mi presento sono un ragazzo di 30 anni, il mio nome
è Germano Santoni, ho avuto il piacere di incontrare Carlo nel lontano 1994 a Macerata, nel reparto malattie infettive, dove il 4 ottobre dello stesso
anno, mi diagnosticarono una tremenda malattia: l’AIDS.
Il primo incontro con Carlo per me fu traumatico, perché mi si avvicinò e mi disse: "Caro Germano, oggi dobbiamo parlare insieme della tua vita, so che
sei un ragazzo di 19 anni, ma voglio conoscere altre cose di te. Sei cattolico? Hai fede in Gesù Cristo? Vuoi iniziare un nuovo cammino nella tua vita
insieme a me? Mi ritieni un tuo amico? Ora devi aiutarmi anche tu, vedrai, il Signore ci aiuterà a superare questa fase, sei d’accordo con me?" Io annuii
a tutte le sue richieste, ma dubitavo un po’ di lui, non capivo dove volesse arrivare.
Poi aggiunse, "Ora seguimi, andiamo a fare due passi insieme, ma non preoccuparti, io sono tuo amico e voglio essere sicuro che possiamo fidarci vicendevolmente,
entriamo nel mio ufficio… io lo chiamo così! Inizio con il dirti che potrà non piacerti, quello che so è che ho un dovere verso di te come medico. Ormai
credo che ci possiamo dire tutto, non è vero? Allora come tu ben sai nella nostra vita spesso e volentieri avvengono cambiamenti repentini a cui dobbiamo
saper porre rimedio immediato. Così dovremmo fare noi due insieme.
Sarò franco con te perché lo meriti assolutamente, però mi devi promettere che lotteremo insieme in questo cammino irto di difficoltà. E’ arrivata l’ora
di spiegarti la situazione, qui ho le tue risposte del test HIV e purtroppo è…positivo!"
Lui cercò di rassicurarmi, ma io iniziai ad imprecare, perché non si può avere l’AIDS a 19 anni! Scoppiai a piangere, Carlo mi si avvicinò e disse: "Sfogati
pure figlio mio!" Mi abbracciò e mi strinse forte a lui facendomi coraggio. Mi accompagnò da una sua collega psicologa ed insieme mi riportarono alla ragione
e mi tranquillizzarono.
Lui mi disse che dovevo star sereno perché non mi avrebbe mai abbandonato al mio destino. A quel punto sentii che dovevo fidarmi totalmente di Carlo. Egli
mi accompagnò al reparto e mi fece assegnare una stanza. Mi spiegò tutti i compiti all’interno della mia stanza e quali fossero i comportamenti da ottemperare
per agevolare il compito di tutti i sanitari. Mi lasciò solamente dopo essersi accertato che io avessi capito ogni cosa.
Durante il ricovero Carlo mi fece fare tutti gli accertamenti per determinare la causa del contagio, a me sconosciuta. Nonostante l’impegno profuso, Carlo
non riuscì a scoprire la possibile causa. Da quel giorno iniziò un rapporto favoloso con lui, il quale mi diceva che presto o tardi, insieme, avremmo superato
tutte le difficoltà iniziali. E così fu fino alla mia dimissione dal reparto malattie infettive.
Carlo Urbani: "Ricorda che tutto si può superare insieme. Io sono con te".
Prima che fossi dimesso, Carlo mi disse: "Vai, la vita fuori ti aspetta e ricorda che tutto si può superare insieme. Io sono con te". Ci stringemmo la mano,
lui mi diede un colpetto sulla spalla e io me ne andai.
Rincontrai Carlo nei controlli successivi ed ogni volta mi incoraggiava a lottare, a tener duro. Fu lui a darmi la notizia, nel 1996, dell’efficacia dei
nuovi farmaci antivirali. In quell’ occasione Carlo mi annunciò la sua intenzione di partire per aiutare altre persone nel mondo. Nel 1997 lasciò l’ospedale
di Macerata per aderire all’associazione "Medici senza frontiere". Da quel giorno non lo incontrai più. Nel 2001, quando mi ammalai gravemente e divenni
cieco, lo feci rintracciare telefonicamente, per sapere se fosse a conoscenza di qualche terapia idonea a risolvere il mio problema. Lui mi consigliò di
assumere un farmaco di ultima generazione, chiamato "Kaletra".
Oltre al farmaco, per superare quel tremendo momento, mi affidai anche alla preghiera. Di lì a pochi giorni, superai la crisi acuta della malattia e scampai
alla morte certa. In quei tragici momenti, mi ritornavano spesso alla memoria le sue parole che erano un continuo invito a lottare senza paura. Carlo aveva
infuso in me il coraggio di vivere e di affrontare la malattia. Lui era sempre al fianco di noi ammalati ad incitarci a vivere con grande volontà per superare
i momenti bui che inevitabilmente la malattia ci presentava. Carlo affermava che l’aspetto psicologico è fondamentale e che bisogna sconfiggere l’indifferenza
e la paura della gente verso l’AIDS.
La speranza e la fiducia che mi ha trasmesso Carlo, mi guidano nella vita
e mi aiutano a superare gli ostacoli che mi si presentano ogni giorno, mi danno la forza di andare avanti e di lottare per i miei diritti e per quelli
degli ammalati come me.
Quando Carlo morì io ero già sulla sedia a rotelle e non vedente. Sento vivo Carlo dentro di me e mai morrà nel mio ricordo. Io gli devo la vita e prego
per lui ogni giorno e lo immagino già in Paradiso nella schiera dei beati.
Rendo pubblica questa mia testimonianza per infondere il coraggio che Carlo mi ha trasmesso a tutti coloro che si trovano nella mia stessa condizione.
---fine testimonianza---
Davvero toccante!!!!
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