I Gitani del mare, una minoranza che i militari birmani vogliono cancellare
da www.peacereporter.net
Myanmar (ex-Birmania) - 29.9.2004
Un mondo a parte
I Gitani del mare, una minoranza che i militari birmani vogliono cancellare
Nel mare delle Andamane , al largo della costa birmana, alcune centinaia di famiglie vivono su piccole barche di legno chiaro insieme a cani, polli e ogni genere di vettovaglie. Vengono chiamati in vari modi, “Moken”, bambini moken“Salon” o più in generale “nomadi o gitani del mare”, perché gettano l’ancora solo alcuni mesi l’anno, quando l’oceano è mosso dai monsoni. Poche persone finora sono riuscite ad avvicinarli. I Moken parlano una lingua di ceppo malesiano, non conoscono alcun tipo di organizzazione politica e hanno di rado contatti con il mondo circostante. Ma negli ultimi anni qualcosa è cambiato e la loro sopravvivenza è in pericolo, come del resto quella delle altre minoranze che popolano il Myanmar.
Nell’ex Birmania, ormai, i nomadi del mare sono poche migliaia. La maggior parte, circa diecimila, sono fuggiti intorno all’isola tailandese di Phuket nel corso degli anni ’90, quando la giunta cominciò a trasferirli con la forza sulla terraferma. I militari birmani avevano scoperto per la prima volta l’incredibile potenziale economico di queste acque, coi fondali ricchi di petrolio e una barriera corallina incontaminata, ideale per diventare il regno dei sub di tutto il mondo. Le principali multinazionali del greggio, tra cui Unocal, Total, Premier e Petronas, iniziarono le estrazioni nel golfo di Mergui e moltissimi uomini della marina furono impiegati per sorvegliare le piattaforme.
I Moken, non potendo più pescare a Mergui, si spostarono in acque tailandesi, dove però spesso non ritrovarono l’habitat originario. Per l’estrema povertà, mogli e figlie cominciarono a prostituirsi nei bordelli della costa. Poi, nel ’97, fu la volta in Myanmar dell’apertura al turismo: il governo birmano strinse accordi con oltre quaranta tour operator per consentire escursioni dalla Thailandia alle isole Andamane. Era dal 1948, subito dopo la fine del colonialismo inglese, che i visitatori stranieri non avevano accesso a queste zone.
La giunta accusò i Moken di praticare una pesca dannosa per i fondali e si impegnò a promuovere il cosiddetto – ironia della sorte - “turismo ecologico”, divenuto sempre più di tendenza tra i sub. I tour operator non esitarono a sposare l’idea che i gitani del mare potevano mettere a rischio la barriera corallina e che dovevano, dunque, essere “civilizzati ed educati dal governo”. Così a decine vennero trasferiti sull’isola di Bocho e obbligati ad abbandonare lo sciamanesimo per convertirsi al buddismo. A capo di Bocho venne posto un monaco, ex colonnello dell’Esercito birmano.
barca mokenLe condizioni dei Moken sono peggiorate nell’ultimo anno. Dal 14 al 17 febbraio le autorità birmane hanno allestito il “Festival dei Salone” – nome con cui la giunta chiama i nomadi – trasformando i Moken in un vero e proprio fenomeno da baraccone. Moltissime persone sono state rapite dai militari e costrette a mettere in scena i balli tradizionali davanti ai turisti. In pochi mesi Bocho, atollo coperto dalla giungla, è stato dotato di ogni comfort turistico: duecento alloggi, una clinica, un palco, una scuola, desk informativi, servizi igienici, rifornimento d’acqua ed elettricità. E più di cento persone sono state impiegate come cuochi, camerieri e inservienti.
“Hanno forzato intere famiglie, che non sanno sopravvivere nella foresta tropicale, a vivere in uno zoo umano”, accusa il Democratic Voice of Burma in un articolo del 14 gennaio 2004. Mentre l’associazione Project Maje, che ha compilato un rapporto sulla minoranza, aggiunge: “Non sappiamo se i gitani del mare hanno avuto un ruolo nel recente deterioramento dell’habitat dell’arcipelago. Ma di certo detengono un’incredibile conoscenza dell’ambiente marittimo delle Andamane. Studi recenti hanno dimostrato che i bambini hanno sviluppato la capacità di vedere fino ad alcuni metri sott’acqua.
Vivono in sintonia con l’oceano. Se i gitani del mare vengono eliminati, ridotti per fini turistici a una parodia di se stessi, criminalizzati o assimilati ad altri gruppi più vasti, il Mare delle Andamane perderà i suoi guardiani nativi. Questa popolazione, inoltre, ha molto da insegnare al mondo riguardo all’uso sostenibile di risorse scarse”.
I Moken sono un simbolo unico di libertà e indipendenza. “Sono persone speciali”, dichiarano Klaus Reisinger e Frederique Lengaigne, registi di un documentario sui gitani del mare. “Navigano giorno per giorno senza pensare al futuro. Non si fanno condizionare dallo stile di vita delle altre popolazioni…Continuano a resistere alla vita moderna, al materialismo e alla tirannia. Non possiamo prevedere cosa accadrà loro”.
La drammatica vicenda dei gitani del mare riporta l’attenzione sul boicottaggio del turismo nei Paesi colpiti mare andamanedalle dittature. In Myanmar una campagna di boicottaggio dei viaggi fu lanciata a fine anni ’90 dalla stessa Aung San Su Kyi, leader democratica birmana e Nobel per la pace agli arresti domiciliari dal maggio 2003.
La questione in realtà è controversa. Da una parte Suu Kyi accusa il turismo straniero di arricchire i militari che controllano e posseggono gran parte delle infrastrutture e delle attrazioni. Dall’altra i tour operator rispondono che il flusso di viaggiatori rappresenta un contatto vitale con il mondo esterno e dà da vivere a molti birmani. “Ma non tengono conto del contesto sociale e politico birmano”, dichiara Roberto Brusadin a nome dell’Onlus Viaggi e Miraggi e dell’Associazione italiana turismo responsabile (Aitr). “Nel 2002 abbiamo sollecitato in Italia oltre cento tour operator ad aderire al boicottaggio con una risposta quasi pari a zero. La Birmania nell’immaginario collettivo resta un Paese esotico, fuori dalle rotte tradizionali. Dopo i fatti sanguinosi del maggio 2003, quando Suu Kyi fu rapita e arrestata e cento suoi seguaci vennero uccisi, la campagna è stata rivitalizzata e rivolta direttamente agli utenti. Abbiamo organizzato iniziative in varie piazze d’Italia. Proiezioni, volantinaggio, commemorazioni”.
Intanto, però, sono sempre di più i viaggiatori che si recano nel Paese asiatico (circa il 27 per cento in più nell’ultimo anno) per rincorrere il sogno di un paradiso…perduto.
Francesca Lancini
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Fonti:
Project Maje
Democratic Voice of Burma
Associazione italiana turismo responsabile
Onlus Viaggi e Miraggi
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I Gitani del mare, una minoranza che i militari birmani vogliono cancellare
Nel mare delle Andamane , al largo della costa birmana, alcune centinaia di famiglie vivono su piccole barche di legno chiaro insieme a cani, polli e ogni genere di vettovaglie. Vengono chiamati in vari modi, “Moken”, bambini moken“Salon” o più in generale “nomadi o gitani del mare”, perché gettano l’ancora solo alcuni mesi l’anno, quando l’oceano è mosso dai monsoni. Poche persone finora sono riuscite ad avvicinarli. I Moken parlano una lingua di ceppo malesiano, non conoscono alcun tipo di organizzazione politica e hanno di rado contatti con il mondo circostante. Ma negli ultimi anni qualcosa è cambiato e la loro sopravvivenza è in pericolo, come del resto quella delle altre minoranze che popolano il Myanmar.
Nell’ex Birmania, ormai, i nomadi del mare sono poche migliaia. La maggior parte, circa diecimila, sono fuggiti intorno all’isola tailandese di Phuket nel corso degli anni ’90, quando la giunta cominciò a trasferirli con la forza sulla terraferma. I militari birmani avevano scoperto per la prima volta l’incredibile potenziale economico di queste acque, coi fondali ricchi di petrolio e una barriera corallina incontaminata, ideale per diventare il regno dei sub di tutto il mondo. Le principali multinazionali del greggio, tra cui Unocal, Total, Premier e Petronas, iniziarono le estrazioni nel golfo di Mergui e moltissimi uomini della marina furono impiegati per sorvegliare le piattaforme.
I Moken, non potendo più pescare a Mergui, si spostarono in acque tailandesi, dove però spesso non ritrovarono l’habitat originario. Per l’estrema povertà, mogli e figlie cominciarono a prostituirsi nei bordelli della costa. Poi, nel ’97, fu la volta in Myanmar dell’apertura al turismo: il governo birmano strinse accordi con oltre quaranta tour operator per consentire escursioni dalla Thailandia alle isole Andamane. Era dal 1948, subito dopo la fine del colonialismo inglese, che i visitatori stranieri non avevano accesso a queste zone.
La giunta accusò i Moken di praticare una pesca dannosa per i fondali e si impegnò a promuovere il cosiddetto – ironia della sorte - “turismo ecologico”, divenuto sempre più di tendenza tra i sub. I tour operator non esitarono a sposare l’idea che i gitani del mare potevano mettere a rischio la barriera corallina e che dovevano, dunque, essere “civilizzati ed educati dal governo”. Così a decine vennero trasferiti sull’isola di Bocho e obbligati ad abbandonare lo sciamanesimo per convertirsi al buddismo. A capo di Bocho venne posto un monaco, ex colonnello dell’Esercito birmano.
barca mokenLe condizioni dei Moken sono peggiorate nell’ultimo anno. Dal 14 al 17 febbraio le autorità birmane hanno allestito il “Festival dei Salone” – nome con cui la giunta chiama i nomadi – trasformando i Moken in un vero e proprio fenomeno da baraccone. Moltissime persone sono state rapite dai militari e costrette a mettere in scena i balli tradizionali davanti ai turisti. In pochi mesi Bocho, atollo coperto dalla giungla, è stato dotato di ogni comfort turistico: duecento alloggi, una clinica, un palco, una scuola, desk informativi, servizi igienici, rifornimento d’acqua ed elettricità. E più di cento persone sono state impiegate come cuochi, camerieri e inservienti.
“Hanno forzato intere famiglie, che non sanno sopravvivere nella foresta tropicale, a vivere in uno zoo umano”, accusa il Democratic Voice of Burma in un articolo del 14 gennaio 2004. Mentre l’associazione Project Maje, che ha compilato un rapporto sulla minoranza, aggiunge: “Non sappiamo se i gitani del mare hanno avuto un ruolo nel recente deterioramento dell’habitat dell’arcipelago. Ma di certo detengono un’incredibile conoscenza dell’ambiente marittimo delle Andamane. Studi recenti hanno dimostrato che i bambini hanno sviluppato la capacità di vedere fino ad alcuni metri sott’acqua.
Vivono in sintonia con l’oceano. Se i gitani del mare vengono eliminati, ridotti per fini turistici a una parodia di se stessi, criminalizzati o assimilati ad altri gruppi più vasti, il Mare delle Andamane perderà i suoi guardiani nativi. Questa popolazione, inoltre, ha molto da insegnare al mondo riguardo all’uso sostenibile di risorse scarse”.
I Moken sono un simbolo unico di libertà e indipendenza. “Sono persone speciali”, dichiarano Klaus Reisinger e Frederique Lengaigne, registi di un documentario sui gitani del mare. “Navigano giorno per giorno senza pensare al futuro. Non si fanno condizionare dallo stile di vita delle altre popolazioni…Continuano a resistere alla vita moderna, al materialismo e alla tirannia. Non possiamo prevedere cosa accadrà loro”.
La drammatica vicenda dei gitani del mare riporta l’attenzione sul boicottaggio del turismo nei Paesi colpiti mare andamanedalle dittature. In Myanmar una campagna di boicottaggio dei viaggi fu lanciata a fine anni ’90 dalla stessa Aung San Su Kyi, leader democratica birmana e Nobel per la pace agli arresti domiciliari dal maggio 2003.
La questione in realtà è controversa. Da una parte Suu Kyi accusa il turismo straniero di arricchire i militari che controllano e posseggono gran parte delle infrastrutture e delle attrazioni. Dall’altra i tour operator rispondono che il flusso di viaggiatori rappresenta un contatto vitale con il mondo esterno e dà da vivere a molti birmani. “Ma non tengono conto del contesto sociale e politico birmano”, dichiara Roberto Brusadin a nome dell’Onlus Viaggi e Miraggi e dell’Associazione italiana turismo responsabile (Aitr). “Nel 2002 abbiamo sollecitato in Italia oltre cento tour operator ad aderire al boicottaggio con una risposta quasi pari a zero. La Birmania nell’immaginario collettivo resta un Paese esotico, fuori dalle rotte tradizionali. Dopo i fatti sanguinosi del maggio 2003, quando Suu Kyi fu rapita e arrestata e cento suoi seguaci vennero uccisi, la campagna è stata rivitalizzata e rivolta direttamente agli utenti. Abbiamo organizzato iniziative in varie piazze d’Italia. Proiezioni, volantinaggio, commemorazioni”.
Intanto, però, sono sempre di più i viaggiatori che si recano nel Paese asiatico (circa il 27 per cento in più nell’ultimo anno) per rincorrere il sogno di un paradiso…perduto.
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