Gli antropologi si scontrano sul ruolo della religione nella lotta contro l’AIDS
Gli antropologi si scontrano sul ruolo della religione nella lotta contro l’AIDS
By Christine Casatelli
(July 1, 2005)
Il tasso di diffusione dell’HIV nel mondo è in aumento, ma coloro che dispongono delle informazioni più avanzate sul possibile impiego di strategie culturali per contenere la malattia, non riescono a giungere ad un accordo sul ruolo della religione in tale contesto.
Lo scorso giugno, il Segretario Generale delle Nazioni Unite Kofi Annan ha dichiarato ai rappresentanti di oltre 120 paesi che l’epidemia di AIDS si sta diffondendo sempre più rapidamente e che gli sforzi delle Nazioni Unite per ridurre il numero di nuove infezioni non saranno probabilmente sufficienti a contenerla.
In un documento scritto in occasione dell’incontro su HIV/AIDS dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il Segretario Generale ha affermato che nel 2004 vi sono stati più casi di infezioni e di morti legate all’AIDS che mai in passato. Soltanto lo scorso anno, altre 4,9 milioni di persone sono state colpite dall’HIV/AIDS e altri 3,1 milioni di persone sono morte, secondo dati delle Nazioni Unite.
In ebollizione, sotto la superficie, c’è un diffuso disaccordo all’interno del settore dell’antropologia medica sul possibile ostacolo posto dai cristiani conservatori agli sforzi per contenere la malattia in Africa, dove l’AIDS è più diffuso. Tali cristiani conservatori potrebbero avere più a cuore questioni di moralità che di mortalità.
Il campo dell’antropologia medica applica teorie e metodi dell’antropologia e delle scienze sociali a questioni riguardanti la salute e il trattamento clinico. Gli antropologi medici conducono ricerche in vari contesti – dalle cliniche rurali agli ospedali urbani – al fine di determinare quali approcci siano più culturalmente appropriati ed efficaci per migliorare la salute dei pazienti.
Nell’ambiente degli antropologi medici, c’è chi dubita riguardo l’efficacia della strategia nota come ABC: Abstain (astieniti), Be faithful (sii fedele), use Condoms (usa il preservativo). Questo approccio offre diversi metodi per prevenire la diffusione dell’AIDS. Nonostante molti ricercatori siano d’accordo sul fatto che soluzioni ad ampio raggio come l’ABC sono necessarie per combattere l’AIDS, vi è un acceso dibattito sulla validità o meno del sottolineare l’astinenza, la fedeltà e l’uso del preservativo in nazioni povere di risorse, che dipendono da organizzazioni religiose per la maggior parte dei servizi sanitari.
Ad alimentare il fuoco del dibattito è un libro pubblicato nel 2003 da Edward C. Green, un antropologo-medico e scienziato ricercatore all’Harvard Center for Population and Development Studies. Nel suo libro Rethinking AIDS Prevention, Green sostiene che i gruppi religiosi che promossero con insistenza le componenti di astinenza e fedeltà dell’ABC in Uganda negli anni 80 e 90 aiutarono il paese a ridurre il tasso di diffusione dell’HIV da un piccodel 18% nel 1992 al tasso attuale del 7%.
L’esperienza in Uganda ha spinto certi legislatori negli Stati Uniti a fare dell’astinenza una componente integrale della prevenzione dell’AIDS. Nel maggio del 2003, il Presidente americano George W. Bush ha approvato l’HIV/AIDS Act, che individua specifici finanziamenti per l’educazione basata sull’astinenza nelle scuole, nelle chiese e nei centri comunitari all’estero. Nel sottolineare il ruolo cardine di astinenza e fedeltà nella lotta contro l’AIDS, il Presidente Bush citato con soddisfazione il successo riscosso in Uganda.
Green, che dichiara si essere politicamente un liberale, afferma che i finanziatori internazionali che dipendono troppo dai donatori per fermare la diffusione dell’HIV si servono di un approccio occidentale nella prevenzione dell’AIDS – un approccio inefficace in posti come l’Africa, in quanto non è culturalmente appropriato.
“Ho detto già tanto tempo fa che gli interventi di tipo ‘A’ e ‘B’ rinforzano l’istinto di sopravvivenza, il buon senso, gli insegnamenti e i valori locali”, afferma Green. “E’ meglio costruire su ciò che esiste già e che ha senso, piuttosto che pretendere che le persone si adattino ad una tecnologia estranea che nessuno nel mondo ha adottato in modo sistematico”.
Vi sono ricerche che sostengono il successo dell’astinenza nella prevenzione dell’AIDS – continua Green – ma le organizzazioni sanitarie liberali che spendono milioni di dollari inprofilattici non vogliono ascoltare questo messaggio. “Il fallimento dei maggiori donatori è stato quello di stimolare soltanto interventi per la riduzione del rischio”, ha aggiunto Green. “L’ABC consente di ridurre il rischio ed in più di evitare questo rischio. Un’azione ad ampio raggio è meglio di una a raggio ridotto”.
Altri antropologi medici tuttavia dicono che l’astinenza non fa intrinsecamente parte dei valori tradizionali africani. “In alcune culture africane, la poligamia era la norma e continua tuttora nelle zone rurali”, dice Doug Feldman, professore di antropologia all’università statale del New York College a Brockport.
Per migliorare le strategie di prevenzione dell’AIDS in Africa, gli Stati Uniti dovrebbero prestare maggiore attenzione a come l’istruzione e i servizi possono essere diffusi attraverso fonti più culturalmente appropriate, come iguaritori tradizionali, spiega Feldman. L’attuale eccessiva attenzione sull’astinenza è un tentativo mal calcolato da parte di alcuni di imporre una struttura straniera di valori religiosi sulle nazioni africane, aggiunge Feldman.
“Alcuni cristiani ‘rinati’, con idee fondamentaliste e contrarie al sesso, stanno cercando di modificare l’ideologia in Africa per perpetuare lo stigma e aumentare l’omofobia”, sostiene Feldman.
Il Presidente dell’Uganda Yoweri Museveni è stato elogiato negli anni 80 per aver aumentato la consapevolezza sull’AIDS, per aver ridotto lo stigma e per aver distribuito preservativi. Recentemente, Museveni ha parlato assai di più delle virtù dell’astinenza nella lotta contro l’AIDS. “Museveni è una persona pratica”, spiega Feldman. “Vede che la maggior parte dei fondi per [la lotta] contro l’AIDS viene dagli Stati Uniti e perciò sa che deve concentrarsi sull’astinenza”.
Sventolando assegni per programmi basati sull’astinenza in Africa, Bush e i politici repubblicani nel Congresso degli Stati Uniti stanno imponendo una strategia contro l’HIV che è irrealistica e non sostenibile, afferma Feldman. “L’amministrazione Bush sta portando avanti il suo programma morale ma vi sarà un contraccolpo”, dice.
Tuttavia, secondo alcuni antropologi medici, le organizzazioni e le credenze religiose hanno un ruolo legittimo da giocare all’interno di un piano coordinato per prevenire l’AIDS nelle nazioni in via di sviluppo. “Cerchiamo di essere realistici e di guardare il prodotto nel suo complesso, dice Elizabeth Onjoro Meassick, un’antropologa medica nata in Kenya.“L’astinenza non costa denaro e dà alla gente una certa possibilità di controllo”. Onjoro Meassick afferma che il bello del modello dell’ABC è che offre opzioni e nessuno ne viene lasciato fuori. Il concetto può anche essere applicato alle pratiche locali. “I guaritori sono pienamente a conoscenza dell’ABC e promuovono tutti e tre i tipi di intervento”, dice l’antropologa.
Ma il punto è: quale messaggio va sottolineato maggiormente e nei confronti di chi?
A volte la risposta sembra logica, dice Onjoro Meassick. “Non ha senso concentrarsi sulla B e la C coi ragazzini della scuola media”, afferma. L’antropologa sostiene che insegnando ai bambini a dire di no [al sesso], si contribuisce alla loro fiducia e si dà loro un senso di controllo, cosicché sarà più probabile che nel futuro pratichino sesso sicuro. Il messaggio sulla fedeltà, invece, può essere rivolto specialmente alle coppie sposate, mentre l’istruzione all’uso dei profilattici può essere rivolta a coloro che scelgono di non astenersi [dai rapporti sessuali] e di non essere fedeli.
Anche servirsi di organizzazioni religiose è un’idea pratica, sostiene Onjoro Meassick in quanto “I dati dicono che il 30-40% delle cliniche e dei servizi medici in Africa è gestito da organizzazioni religiose.” L’antropologa aggiunge che l’esperienza le ha mostrato che la maggior parte di questi gruppi sono disposti a promuovere l’uso dei profilattici al fine di prevenire la diffusione dell’HIV. Gli ospedali missionari cominciano persino ad estendere i propri servizi per offrire assistenza domestica ai malati di AIDS e alle loro famiglie in zone rurali.
Le organizzazioni religiose sono estremamente importanti nella vita degli africani sia cristiani che musulmani, e devono essere incluse nella strategia di lotta all’AIDS, dice Green. “Sì, magari citeranno le Scritture e parleranno di ciò che è bene e ciò che è male nel promuovere l’astinenza e la fedeltà, ma… ehi, è difficile mettere in questione una strategia che ha successo”, dice.
Nonostante siano stati fatti progressi nell’incremento degli sforzi di prevenzione in Africa, Onjoro Meassick dice che la preoccupa la passività che sta cominciando a diffondersi. Infatti, i primi risultati (pubblicati a maggio) di un sondaggio condotto dal governo dell’Uganda mostrano nuovamente un leggero aumento nella diffusione dell’HIV: dal 6.2% al 7%.
“Negli Stati Uniti sta avvenendo un cambiamento di tendenza che ha portato ad una curva [di infettività] costante”, dice Onjoro Meassick. “Non c’è ragione per non aspettarsi che la stessa cosa accada in Uganda”.
Christine Casatelli è redattrice a Science & Theology News.
Traduzione di Viviana Mazza
By Christine Casatelli
(July 1, 2005)
Il tasso di diffusione dell’HIV nel mondo è in aumento, ma coloro che dispongono delle informazioni più avanzate sul possibile impiego di strategie culturali per contenere la malattia, non riescono a giungere ad un accordo sul ruolo della religione in tale contesto.
Lo scorso giugno, il Segretario Generale delle Nazioni Unite Kofi Annan ha dichiarato ai rappresentanti di oltre 120 paesi che l’epidemia di AIDS si sta diffondendo sempre più rapidamente e che gli sforzi delle Nazioni Unite per ridurre il numero di nuove infezioni non saranno probabilmente sufficienti a contenerla.
In un documento scritto in occasione dell’incontro su HIV/AIDS dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il Segretario Generale ha affermato che nel 2004 vi sono stati più casi di infezioni e di morti legate all’AIDS che mai in passato. Soltanto lo scorso anno, altre 4,9 milioni di persone sono state colpite dall’HIV/AIDS e altri 3,1 milioni di persone sono morte, secondo dati delle Nazioni Unite.
In ebollizione, sotto la superficie, c’è un diffuso disaccordo all’interno del settore dell’antropologia medica sul possibile ostacolo posto dai cristiani conservatori agli sforzi per contenere la malattia in Africa, dove l’AIDS è più diffuso. Tali cristiani conservatori potrebbero avere più a cuore questioni di moralità che di mortalità.
Il campo dell’antropologia medica applica teorie e metodi dell’antropologia e delle scienze sociali a questioni riguardanti la salute e il trattamento clinico. Gli antropologi medici conducono ricerche in vari contesti – dalle cliniche rurali agli ospedali urbani – al fine di determinare quali approcci siano più culturalmente appropriati ed efficaci per migliorare la salute dei pazienti.
Nell’ambiente degli antropologi medici, c’è chi dubita riguardo l’efficacia della strategia nota come ABC: Abstain (astieniti), Be faithful (sii fedele), use Condoms (usa il preservativo). Questo approccio offre diversi metodi per prevenire la diffusione dell’AIDS. Nonostante molti ricercatori siano d’accordo sul fatto che soluzioni ad ampio raggio come l’ABC sono necessarie per combattere l’AIDS, vi è un acceso dibattito sulla validità o meno del sottolineare l’astinenza, la fedeltà e l’uso del preservativo in nazioni povere di risorse, che dipendono da organizzazioni religiose per la maggior parte dei servizi sanitari.
Ad alimentare il fuoco del dibattito è un libro pubblicato nel 2003 da Edward C. Green, un antropologo-medico e scienziato ricercatore all’Harvard Center for Population and Development Studies. Nel suo libro Rethinking AIDS Prevention, Green sostiene che i gruppi religiosi che promossero con insistenza le componenti di astinenza e fedeltà dell’ABC in Uganda negli anni 80 e 90 aiutarono il paese a ridurre il tasso di diffusione dell’HIV da un piccodel 18% nel 1992 al tasso attuale del 7%.
L’esperienza in Uganda ha spinto certi legislatori negli Stati Uniti a fare dell’astinenza una componente integrale della prevenzione dell’AIDS. Nel maggio del 2003, il Presidente americano George W. Bush ha approvato l’HIV/AIDS Act, che individua specifici finanziamenti per l’educazione basata sull’astinenza nelle scuole, nelle chiese e nei centri comunitari all’estero. Nel sottolineare il ruolo cardine di astinenza e fedeltà nella lotta contro l’AIDS, il Presidente Bush citato con soddisfazione il successo riscosso in Uganda.
Green, che dichiara si essere politicamente un liberale, afferma che i finanziatori internazionali che dipendono troppo dai donatori per fermare la diffusione dell’HIV si servono di un approccio occidentale nella prevenzione dell’AIDS – un approccio inefficace in posti come l’Africa, in quanto non è culturalmente appropriato.
“Ho detto già tanto tempo fa che gli interventi di tipo ‘A’ e ‘B’ rinforzano l’istinto di sopravvivenza, il buon senso, gli insegnamenti e i valori locali”, afferma Green. “E’ meglio costruire su ciò che esiste già e che ha senso, piuttosto che pretendere che le persone si adattino ad una tecnologia estranea che nessuno nel mondo ha adottato in modo sistematico”.
Vi sono ricerche che sostengono il successo dell’astinenza nella prevenzione dell’AIDS – continua Green – ma le organizzazioni sanitarie liberali che spendono milioni di dollari inprofilattici non vogliono ascoltare questo messaggio. “Il fallimento dei maggiori donatori è stato quello di stimolare soltanto interventi per la riduzione del rischio”, ha aggiunto Green. “L’ABC consente di ridurre il rischio ed in più di evitare questo rischio. Un’azione ad ampio raggio è meglio di una a raggio ridotto”.
Altri antropologi medici tuttavia dicono che l’astinenza non fa intrinsecamente parte dei valori tradizionali africani. “In alcune culture africane, la poligamia era la norma e continua tuttora nelle zone rurali”, dice Doug Feldman, professore di antropologia all’università statale del New York College a Brockport.
Per migliorare le strategie di prevenzione dell’AIDS in Africa, gli Stati Uniti dovrebbero prestare maggiore attenzione a come l’istruzione e i servizi possono essere diffusi attraverso fonti più culturalmente appropriate, come iguaritori tradizionali, spiega Feldman. L’attuale eccessiva attenzione sull’astinenza è un tentativo mal calcolato da parte di alcuni di imporre una struttura straniera di valori religiosi sulle nazioni africane, aggiunge Feldman.
“Alcuni cristiani ‘rinati’, con idee fondamentaliste e contrarie al sesso, stanno cercando di modificare l’ideologia in Africa per perpetuare lo stigma e aumentare l’omofobia”, sostiene Feldman.
Il Presidente dell’Uganda Yoweri Museveni è stato elogiato negli anni 80 per aver aumentato la consapevolezza sull’AIDS, per aver ridotto lo stigma e per aver distribuito preservativi. Recentemente, Museveni ha parlato assai di più delle virtù dell’astinenza nella lotta contro l’AIDS. “Museveni è una persona pratica”, spiega Feldman. “Vede che la maggior parte dei fondi per [la lotta] contro l’AIDS viene dagli Stati Uniti e perciò sa che deve concentrarsi sull’astinenza”.
Sventolando assegni per programmi basati sull’astinenza in Africa, Bush e i politici repubblicani nel Congresso degli Stati Uniti stanno imponendo una strategia contro l’HIV che è irrealistica e non sostenibile, afferma Feldman. “L’amministrazione Bush sta portando avanti il suo programma morale ma vi sarà un contraccolpo”, dice.
Tuttavia, secondo alcuni antropologi medici, le organizzazioni e le credenze religiose hanno un ruolo legittimo da giocare all’interno di un piano coordinato per prevenire l’AIDS nelle nazioni in via di sviluppo. “Cerchiamo di essere realistici e di guardare il prodotto nel suo complesso, dice Elizabeth Onjoro Meassick, un’antropologa medica nata in Kenya.“L’astinenza non costa denaro e dà alla gente una certa possibilità di controllo”. Onjoro Meassick afferma che il bello del modello dell’ABC è che offre opzioni e nessuno ne viene lasciato fuori. Il concetto può anche essere applicato alle pratiche locali. “I guaritori sono pienamente a conoscenza dell’ABC e promuovono tutti e tre i tipi di intervento”, dice l’antropologa.
Ma il punto è: quale messaggio va sottolineato maggiormente e nei confronti di chi?
A volte la risposta sembra logica, dice Onjoro Meassick. “Non ha senso concentrarsi sulla B e la C coi ragazzini della scuola media”, afferma. L’antropologa sostiene che insegnando ai bambini a dire di no [al sesso], si contribuisce alla loro fiducia e si dà loro un senso di controllo, cosicché sarà più probabile che nel futuro pratichino sesso sicuro. Il messaggio sulla fedeltà, invece, può essere rivolto specialmente alle coppie sposate, mentre l’istruzione all’uso dei profilattici può essere rivolta a coloro che scelgono di non astenersi [dai rapporti sessuali] e di non essere fedeli.
Anche servirsi di organizzazioni religiose è un’idea pratica, sostiene Onjoro Meassick in quanto “I dati dicono che il 30-40% delle cliniche e dei servizi medici in Africa è gestito da organizzazioni religiose.” L’antropologa aggiunge che l’esperienza le ha mostrato che la maggior parte di questi gruppi sono disposti a promuovere l’uso dei profilattici al fine di prevenire la diffusione dell’HIV. Gli ospedali missionari cominciano persino ad estendere i propri servizi per offrire assistenza domestica ai malati di AIDS e alle loro famiglie in zone rurali.
Le organizzazioni religiose sono estremamente importanti nella vita degli africani sia cristiani che musulmani, e devono essere incluse nella strategia di lotta all’AIDS, dice Green. “Sì, magari citeranno le Scritture e parleranno di ciò che è bene e ciò che è male nel promuovere l’astinenza e la fedeltà, ma… ehi, è difficile mettere in questione una strategia che ha successo”, dice.
Nonostante siano stati fatti progressi nell’incremento degli sforzi di prevenzione in Africa, Onjoro Meassick dice che la preoccupa la passività che sta cominciando a diffondersi. Infatti, i primi risultati (pubblicati a maggio) di un sondaggio condotto dal governo dell’Uganda mostrano nuovamente un leggero aumento nella diffusione dell’HIV: dal 6.2% al 7%.
“Negli Stati Uniti sta avvenendo un cambiamento di tendenza che ha portato ad una curva [di infettività] costante”, dice Onjoro Meassick. “Non c’è ragione per non aspettarsi che la stessa cosa accada in Uganda”.
Christine Casatelli è redattrice a Science & Theology News.
Traduzione di Viviana Mazza
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